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Intervento del professor Elvio Bellini

Castagno: caso di studio sulla commercializzazione del prodotto fresco

L'unione fa la forza, recita un vecchio proverbio, più che mai attuale: da soli o disorganizzati ogni iniziativa rischia di non decollare oppure di raggiungere scarso risultato. È quello che sta accadendo alla commercializzazione delle castagne nel nostro paese. Dove esistono Associazioni e Consorzi di produttori riconosciuti e funzionanti, il collocamento del prodotto sul mercato avviene regolarmente e gran parte dei margini restano a favore dei castanicoltori. Altrimenti si arricchiscono i tanti intermediari.

Nella maggior parte dei casi, i produttori di castagne del Sud che conferiscono il loro raccolto a operatori commerciali o intermediari conoscono il prezzo che verrà loro attribuito solo dopo la consegna, e spesso questo risulta molto basso, anche meno di 1 euro/kg. Va meglio per i marroni al Centro e al Nord, vuoi per la migliore qualità del frutto, vuoi per la minore quantità prodotta per ettaro e sul piano nazionale. A oggi il prezzo dei marroni pagato al produttore raggiunge i 5-6 euro/kg, a scendere le pezzature più piccole.

Particolare della mostra pomologica con campioni di varietà di marroni e castagne esposti al CSDC

Credo valga la pena ripercorrere le diverse tappe che hanno visto l'evoluzione della castanicoltura del territorio di Marradi (Firenze), da sempre vocato alla produzione del pregiato "Marron Buono" e per me rappresenta un vero e proprio "Caso di Studio". Ricordo che negli anni a cavallo della seconda guerra mondiale (ero poco più di un ragazzo), nei mesi di ottobre e novembre dalla stazione di Marradi giornalmente partivano anche 2 - 3 vagoni di marroni diretti sia verso il Nord Europa che verso i porti marittimi per poi approdare negli USA.

A Marradi si tenevano due mercati settimanali di vendita dei marroni, il lunedì e il venerdì, con tanti commercianti anche grossisti sempre presenti. In ottobre venivano esitati frutti freschi di raccolta, in novembre prevalentemente marroni di "ricciaia". Sì, perché a quei tempi i provetti e temerari "battitori" percuotevano l'intera chioma dei maestosi castagni con pertiche di diversa lunghezza (corte, medie, lunghe) di bambù (Babusa mitis). I ricci a terra venivano raccolti con le "mordecchie" e ammucchiati in "ricciaia", dove i frutti subivano i processi di completamento della maturazione, la post-maturazione e la "curatura" che ne prolungava la conservazione. Purtroppo anche il "bacato" si moltiplicava, in percentuale spesso piuttosto elevata. Se non pioveva, chi poteva bagnava la ricciaia per favorire la "curatura". Il "bacato" a quei tempi non era un problema perché serviva ad alimentare gli animali domestici e talvolta a questo fine venivano impiegati anche i frutti sani.

A distanza di un secolo moltissime cose sono cambiate oserei dire stravolte; gran parte dei castagneti sono stati abbandonati, causa l'esodo progressivo degli abitanti ormai scomparsi dalla montagna; le produzioni si sono estremamente ridotte; i mercati non esistono più (almeno a Marradi); la vendita diretta dei marroni avviene essenzialmente nel corso delle 4 Sagre di Ottobre (sempre che il tempo sia clemente), attraverso i negozi di ortofrutta e altri punti di vendita. Fortunatamente la Fabbrica dei Marroni (già Ortofrutticola del Mugello) assorbe la produzione che le viene conferita.

Tipica fruttificazione del marrone con 3 frutti per riccio

La mancanza di associazionismo tra i produttori e della regolamentazione produttiva e commerciale rende problematica un po' tutta la filiera. L'abbondante produzione di quest'anno, nei nostri territori a cavallo dell'Appennino fra Toscana ed Emilia-Romagna, caratterizzata da pezzature dei frutti molto variabili, pone in evidenza anche la necessità di provvedere alla essiccazione dei frutti per ottenere ottime castagne secche bianche e pregiata farina dolce di marroni. Purtroppo quasi tutti gli essiccatoi presenti nei castagneti sono stati da tempo abbandonati e pochissimi (si contano sulle dita di una mano) potranno disidratare soltanto una minima parte del prodotto.

Parlando con qualche castanicoltore, mi è stato detto che non è da escludere che parte del prodotto venga lasciato perdere anche per la mancanza di raccoglitori: pochissime sono le aziende che dispongono di mezzi meccanici per la raccolta.

Il "Caso di Studio" vuole richiamare l'attenzione sulla opportunità di effettuare nuovi impianti specializzati di castagno, sul tipo dei moderni frutteti di pero e melo, con ampio impiego di mezzi meccanici per gestire le diverse operazioni colturali. Del pari il "Caso di Studio" ritiene doveroso esaminare le possibilità di ri-ampliare la base di consumo dei frutti freschi e anche di quelli confezionati che ultimamente si è molto ridotta.

Un tempo castagne e marroni erano consumati un po' da tutti, sia nei piccoli centri che nelle grandi città: oggi invece si assiste ad una continua diminuzione di questo consumo, fino al un rapporto di un consumatore ogni quattro abitanti. Sono convinto che a questa forte contrazione del consumo di castagne e marroni delle tante varietà afferenti al "Castagno Europeo" (Castanea sativa Miller) contribuisca anche la divulgazione di ibridi euro-asiatici, con particolare riguardo a Bouche de Betizac, e altre a scapito delle nostre vere e proprie eccellenze presenti nelle DOP e IGP castanicole riconosciute all'Italia dalla UE.

Come mai? Posso capire il settore vivaistico del castagno che "sfrutta" la facilità di propagazione di questi ibridi rispetto alle varietà di castagne e marroni della nostra Castanea sativa. Non giustifico invece i castanicoltori e tanto meno i ricercatori che consigliano e diffondono questi ibridi.

Tornando alla commercializzazione dei frutti freschi, quando le produzioni sono scarse le Sagre paesane riescono efficacemente a vendere i frutti. In ogni caso le Sagre sono in genere molto frequentate e rappresentano una grande opportunità per tutti gli esercizi di rivendita, non solo di castagne e marroni. Quando però la produzione è più abbondante (come quest'anno), le Sagre hanno difficoltà a collocare tutto il prodotto e quindi si sente veramente la mancanza di un sistema di organizzazione commerciale che regoli il collocamento di tutto il prodotto raccolto, quale è un mercato concorrenziale regolarmente riconosciuto.

Non è facile, se non impossibile, tornare ai tempi dei due mercati settimanali per la vendita dei tanti frutti di marroni che provenivano dai numerosi castagneti sparsi in tutto il territorio. Ormai questa è Storia che deve comunque essere di insegnamento per le nuove generazioni, sia di produttori che di consumatori del pregiato "Marron Buono di Marradi"…

L'alternativa alla castanicoltura tradizionale, ormai abbandonata, è quella dei moderni impianti specializzati sul modello dei frutteti industriali di pero e melo. Chiaramente la realizzazione di questi impianti è condizionata dalla presenza in loco di personale altamente qualificato proveniente da scuole di "Formazione di nuove generazioni di castanicoltori per la salvaguardia della castanicoltura tradizionale e per la moderna frutticoltura del castagno".

Ancora una volta ritorna in ballo il vecchio detto l' "unione fa la forza". Se non si riesce ad "unire" tutti i produttori di castagne e marroni di determinate zone, soprattutto quelle di eccellenza che si "fregiano" di riconoscimenti europei IGP e DOP, in Consorzi di Tutela per la Salvaguardia e lo Sviluppo delle Produzioni di Qualità nel nostro Paese, ogni tentativo non troverà adeguata soluzione, ovvero "sarà destinato al fallimento".

Prof. Elvio Bellini
Presidente del Centro di Studio e Documentazione sul Castagno (CSDC)