Si chiude la stagione per il melone coltivato in pieno campo e per Meloone, il consorzio del Melone della Terra degli Etruschi, è ora di fare bilanci.
Quella appena conclusa è stata una stagione particolare. L'estate è partita in ritardo, breve e torrida e gli agricoltori tutti, complici i repentini cambiamenti climatici, hanno dovuto fronteggiare numerosi problemi. Ne parliamo con Danilo Camilli, presidente di Meloone e titolare di un'azienda situata a Castel D'Asso, nel capoluogo della Tuscia, Viterbo, località che vanta le terre più fertili della Città Dei Papi e che ha visto fiorire numerose aziende produttrici di frutta e ortaggi altamente competitivi.
Quella dell'Azienda Camilli è una storia che ormai ha oltre mezzo secolo alle spalle, tramandata di padre in figlio e che fa della famiglia il punto di forza di una gestione che si è sempre proposta come innovativa e al passo con i tempi, senza perdere di vista i valori tradizionali. Il lavoro come crescita e come missione sociale. L'azienda, come tante altre che in questa provincia nascono da iniziative imprenditoriali private, dà lavoro a tantissimi operai stagionali e non, italiani e non, cercando sempre di non lasciare nessuno indietro.
Sono aziende che si dotano spontaneamente di sistemi di qualità certificati, che adottano misure per la sicurezza sul lavoro che vanno ben oltre quelle strettamente raccomandate e che fanno del lavoro la loro priorità. Per questo i consorzi, le associazioni e organizzazioni di produttori, diventano sempre più importanti per rappresentare le esigenze di imprenditori che in primo luogo sono lavoratori, i primi ad arrivare nei campi e gli ultimi ad andarsene. Una categoria quella degli agricoltori, fondamentale, diversa da tutte le altre e che ha bisogno della cooperazione per adempiere a tutte le incombenze burocratiche che diventano un lavoro ulteriore, spesso troppo gravoso sia dal punto di vista del tempo tolto al lavoro che da quello economico.
"Senza dubbio quella appena conclusa, non è stata una stagione felice - spiega Danilo Camilli - La siccità prima e poi, dal 25 agosto, le piogge che si sono abbattute con vere e proprie bombe d'acqua e la grandine localizzata, hanno rallentato la maturazione dei frutti. Siamo riusciti a mantenere la produzione aumentando di poco i prezzi, grazie all'incremento di superficie adottato nel 2024 e che sosterremo anche per il 2025, anche se le consegne sono state interrotte prima dei tempi soliti e nell'ultima fase della campagna, il grado Brix dei meloni ha subito un calo".
Quali sono le strategie e gli investimenti che avete messo in campo come azienda per fronteggiare i problemi derivanti dai cambiamenti climatici repentini a cui stiamo assistendo?
"Stiamo investendo molto nella prevenzione dei problemi legati alla siccità, agendo su numerosi fronti. Su indicazioni del nostro tecnico agronomo, dottor Gino Sebastiani, abbiamo acquistato sistemi di rilevamento tramite sonde, dell'umidità del terreno e un sistema con monitoraggio satellitare con 1000 punti di controllo per ettaro, per tenere monitorato costantemente il risparmio idrico, ad esempio. Poi, per quanto riguarda i problemi fitopatologici a cui sempre più spesso dobbiamo andare incontro, abbiamo avviato un protocollo di collaborazione con L'università degli Studi della Tuscia che ci permette di seguire strategie atte a preservare la qualità e la salute del prodotto, con il minor impatto possibile a livello ambientale".
Ci sono diverse cooperative che portano il nome del Lazio o della Tuscia, c'era esigenza di un marchio apposito esclusivo per il Melone della Tuscia?
"Senza dubbio. La nostra è una zona vocata per la produzione di questi ortaggi e sicuramente le nostre aziende non sono seconde a nessuno in termini di strutturazione e competenze. Potersi identificare in un marchio riconoscibile da buyer e clienti finali è senza dubbio una grande opportunità di crescita. Dovremmo imparare da altre regioni d'Italia, dove il vantaggio di appartenere a cooperative, consorzi, organizzazioni di produttori, è chiaro a tutti da tempo, sia per il posizionamento nel mercato che per la tutela degli iscritti. Tutte le aziende del consorzio Meloone sono ben strutturate e in crescita, tuttavia le difficoltà aggregative nella nostra zona sono evidenti e i problemi che ci troviamo ad affrontare quotidianamente sia a livello produttivo che amministrativo, le aumentano anziché essere la spinta per superarle. I cambiamenti di mentalità sono quelli che richiedono i tempi più lunghi e il lavoro dell'agricoltore è forse quello che è cambiato più velocemente negli ultimi anni, soprattutto nei nostri territori, ma ho molta fiducia nelle generazioni più giovani e nella voglia di crescere ed essere competitivi dei miei colleghi".
Quali sono le previsioni per la campagna futura?
"Sicuramente il melone subirà un aumento di prezzo, sia per l'adozione della raccolta del prodotto per fasce orarie, dovuta alle nuove disposizioni regionali per la prevenzione di malori degli operai a causa dello stress da calore, che per i nuovi disciplinari dei fitofarmaci che richiederanno aumento delle superfici aziendali e della manodopera. Il prodotto italiano è garantito e il prezzo finale è frutto di quelle garanzie di qualità e di legalità delle aziende che sostengono enormi sforzi, per non soccombere nel far west di un mercato globale che ne affossa la competizione economica. Proprio per questo l'aggregazione è importante e lo sarà ancora di più in futuro".
Cosa si augura per Meloone?
"Credo, come ho già spiegato, che l'aggregazione sia fondamentale per affrontare le sfide future del nostro lavoro. Mi auguro che questi anni in cui il consorzio ha mosso i suoi primi passi, se pure tra molta difficoltà, siano un trampolino di lancio verso nuove opportunità di crescita".
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