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Il commento di Donato Fanelli

L'Italia si candida a diventare uno dei riferimenti per il mondo dell'uva da tavola seedless

In una stagione dell'uva da tavola italiana che volge a conclusione anche per le poche aziende che disponevano di discreti quantitativi per il Natale, emerge quanto, specie quest'anno, le varietà seedless si siano consolidate, collocando così l'Italia i Paesi più importanti nella produzione e commercializzazione di varietà senza semi, sul mercato interno e all'estero.

"Il nostro Paese, da sempre tra i leader per l'uva tradizionale con semi, si candida a diventare uno dei riferimenti anche nel segmento delle seedless. In Puglia, ad esempio, regione specializzata che detiene il primato per superficie destinata alla viticoltura da tavola, oltre il 70% degli ettari risulta oggi destinato alle varietà apirene. Anche la Sicilia pare abbia recuperato parecchio, con oltre il 40% degli impianti investiti a cultivar di recente introduzione". A spiegarlo è Donato Fanelli della Commissione Italiana Uva da Tavola (CUT).

E riprende: "Per le uve tradizionali, sono tre le principali destinazioni commerciali - Italia, Francia e Spagna - che continuano a richiederci significativi volumi con semi, nonostante il cambiamento delle abitudini di acquisto. Essendoci meno ettari in produzione, i prezzi delle uve con semi si mantengono piuttosto alti. Quest'anno abbiamo avuto la conferma che tanto attendevamo".

Tutta l'uva venduta nella stagione 2024 è risultata di qualità, con prezzi di partenza non inferiori all'euro sulla pianta e punte superiori a 2 €/kg in determinati momenti e per alcune varietà. "La nostra stagione non ha avuto momenti di discontinuità nei vari mesi di raccolta, complice l'andamento climatico, che ci ha avvantaggiato parecchio. Se ci voltassimo indietro a soli due anni fa, vedremmo il disastro che vi fu in campo e nei magazzini, con prezzi ridicoli per i produttori locali. Ora iniziamo a vedere la luce, ma è necessario mantenerla accesa, aiutati dall'innovazione e dalla professionalità dell'intera filiera. Oggi è fondamentale che anche le società di breeding considerino l'Italia un vero partner e non esclusivamente un semplice Paese in cui sviluppare le diverse varietà. Serve proporre cultivar performanti sia a favore del coltivatore sia del consumatore".