Non ci sono più, al pari delle stagioni, le castagne di una volta! E sì che poi castagne e stagionalità sono storicamente sempre andate di pari passo con i consumi, in crescita direttamente proporzionale al diminuire delle temperature. Eppure, sono alcuni anni che noto un cambiamento lento e inesorabile sull'approccio a quella che era la "regina del bosco".
Giancarlo Amitrano
Fine settembre, temperature ancora estive su almeno metà della penisola italiana, e si affaccia sul mercato la Bouche de Betizac, una primizia dal calibro sostenuto, anzi sostenutissimo, dall'aspetto invitante, ma dal sapore parimenti latitante. Nonostante ciò, l'effetto sorpresa sui banchi dei mercati spinge i consumi, in barba ai prezzi altisonanti, garantendo venti giorni di vendite e fatturato difficilmente spiegabili con la sola ragion pura.
Da metà ottobre, le prime perturbazioni da nord cominciano a incrinare l'anticiclone, favorendo il ribasso delle temperature ma, come d'incanto, i volumi delle castagne si stabilizzano in una stagnazione di ritirato che fa a pugni con ogni postulato commerciale. Tanto più che le varietà tipicamente invernali, marroni o no, IGP o DOP ad alta valenza territoriale o regionale (vedi Montella, Viterbo, Cuneo, Rossa Fiorentina, e tante altre...) garantiscono un plus di gusto e sapore particolarmente invitanti. Di tanto in tanto spunta una promo a dare una sferzata ai numeri, ma sembra più una ventata a ciel sereno che non una tempesta duratura.
Al di là delle varie possibili elucubrazioni commerciali atte a giustificare un grafico di vendite in discesa costante, vorrei soffermarmi su un aspetto che reputo particolarmente importante, in questo contesto.
L'ipotesi ventilata è che la crisi della castagna sia riconducibile a una crisi della società e a una profonda crisi della famiglia, identificabile come quel nucleo che in passato ne ha sostenuto il consumo in un atto collettivo di 'amor edendi'.
Famiglia e tempo, i due fattori che servirebbero per riportare in auge il frutto dell'autunno. In primis perché la castagna non si addice a un consumo da single, ma trova la sua massima espressione nella convivialità, nell'abbraccio del gruppo intorno al focolare. A seguire, serve potervi dedicare tempo per arrivare a goderne appieno: il catartico rituale del taglio a croce sul singolo pezzo, la cottura al forno o sulla brace, la buccia che con il calore si slancia verso l'alto offrendo all'occhio il dorso imbrunito del frutto, l'aria che si satura di dolce bruciato, le mani che per armeggiare la sbucciatura si arroventano, palleggiando la caldarrosta da destra a sinistra, fino ad anestetizzarsi.
Come non sentire il brusio delle voci intorno al desco che si affannano per arrivare al primo, agognato morso, i bicchieri colmi di vino che rinfrescano le labbra riarse, le risate di contorno, i pianti accantonati per un momento, la vita che sospende il suo frenetico scorrere a dispetto delle Moire?
Ecco, forse manca tutta questa ricettazione per rendere nuovamente la castagna la regina dell'autunno, manca il tempo di volersi bene, di regalarsi una carezza. Perché ci sono cibi che sono da meditazione più che da alimentazione, calorie per l'anima, nutrimento per la mente, catalizzatori di benessere sociale.
Chissà se un piano di marketing incentrato sui valori sociali che il prodotto riesce a far germogliare sia la soluzione per il suo rilancio commerciale, ma in ogni caso spero che le immagini sopra pennellate con semplici "Parole d'ortofrutta" vi portino a valutare la possibilità di riprendervi di tanto in tanto il vostro tempo, perché solo rallentando il fluire dei minuti se ne può apprezzare il valore.
Giancarlo Amitrano
responsabile ufficio acquisti ortofrutta
catena Cedigros
(Rubrica num. 55)