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Report di Nomisma

Ortofrutta, l'Italia è sempre più importatore

"A livello continentale il comparto vale 104,6 miliardi (dato relativo al 2024, +5,5% sul 2023). Un incremento considerevole se si pensa che nel 2014, appena dieci anni fa, l'asticella si fermava a 52,3 miliardi di euro e che il 2023 si era chiuso a 99,1 miliardi (+60,2% rispetto al 2014). Con un'incidenza di appena il 4% (pari a 6,91 milioni di ettari nel 2023) sul totale delle superfici agricole nell'UE-27, frutta e verdura generano però oltre il 19% del valore della produzione agricola totale del continente". Questi dati, e i successivi, fanno parte del report presentato da Ersilia Di Tullio di Nomisma, durante l'evento di Apo Conerpo organizzato a fine marzo a Bologna, in occasione dei 30 anni di fondazione.

© Cristiano Riciputi | FreshPlaza.itErsilia Di Tullio di Nomisma

L'Italia è il secondo Paese per superfici a orticole e a frutteti, con oltre 18,7 miliardi di euro di valore della produzione (28% del totale agricolo), 158mila imprese e un grado di autoapprovvigionamento del 116% per la frutta e del 98% per gli ortaggi. Il comparto contribuisce in modo decisivo anche all'export (10,9 miliardi di euro, il 18% dell'intero comparto agroalimentare) e ai consumi interni (38 miliardi, pari al 24% del totale).
Ma a fronte di questi numeri, il settore vive una fase di forte tensione. Le superfici ortofrutticole nazionali sono sotto pressione per effetto combinato di fattori climatici, fitosanitari, normativi ed economici. Le produzioni frutticole, in particolare, segnano cali strutturali che si traducono in un saldo commerciale negativo e in una crescente dipendenza dall'import, soprattutto per pere, pesche/nettarine e kiwi. Le importazioni di kiwi, ad esempio, sono raddoppiate (+108% in dieci anni), mentre le pere hanno visto dimezzare l'export e aumentare del 13% gli arrivi dall'estero.

A gravare sul sistema c'è anche l'aumento dei costi di produzione (energia +107% dal 2019, manodopera molto più cara rispetto a Spagna e Grecia), e la drastica riduzione delle molecole autorizzate per i trattamenti fitosanitari, che oggi rappresenta una delle minacce più gravi per la sostenibilità produttiva.

Il report di Nomisma analizza in dettaglio gli andamenti di quattro filiere particolarmente rilevanti per storia, estensione, valore e competenza dei produttori: pomodoro da industria, pere, kiwi, pesche e nettarine.

© Cristiano Riciputi | FreshPlaza.it

Pomodoro da industria: l'Italia mantiene un saldo commerciale fortemente positivo e Apo Conerpo gioca un ruolo di primo piano, con oltre il 10% della superficie nazionale. L'Emilia-Romagna, dove si concentra il 35% della produzione italiana, ha aumentato le superfici negli ultimi dieci anni, in controtendenza rispetto al calo nazionale. Apo Conerpo ha sostenuto questa crescita e si distingue per rese superiori alla media nazionale (72,4 tonnellate per ettaro, +10% rispetto alla media nazionale di 66 t/ha).

Pere: il settore ha vissuto anni di crisi profonda. In dieci anni le superfici coltivate in Italia sono crollate del 34% e l'export si è dimezzato. Apo Conerpo ha contenuto le perdite, ma anche per la OP la superficie investita si è ridotta di un terzo. Il crescente ricorso all'import, in particolare da Belgio e Paesi Bassi, riflette la perdita di competitività nazionale.

Pesche e nettarine: il trend negativo coinvolge tutta l'Italia, in particolare il Nord. Le superfici di Apo Conerpo sono scese di circa il 33% (contro un calo nazionale del -28,8% per le pesche e del -31,0% per le nettarine rispetto al 2014.).

Kiwi: in controtendenza, Apo Conerpo ha aumentato del 64% le superfici dedicate (sempre rispetto al 2014), grazie a varietà più resistenti e interventi mirati. Tuttavia, l'Italia nel complesso ha visto crescere l'import del +108%, in particolare da Grecia e Cile, e la bilancia commerciale positiva si è ridotta.

Cambiamento climatico e fitopatie, doppia emergenza
Il cambiamento climatico rappresenta una delle minacce più gravi per la tenuta produttiva dell'ortofrutta italiana. L'aumento della frequenza e dell'intensità degli eventi climatici estremi – come gelate primaverili, grandinate, siccità e alluvioni – sta mettendo a dura prova la resilienza delle colture, con impatti sempre più rilevanti sia in termini di volumi che di qualità.
I dati raccolti da Nomisma mostrano come nel 2023 il 48% delle aziende ortofrutticole abbia riportato perdite economiche direttamente collegate a eventi climatici estremi. In particolare, si segnala una forte concentrazione dei danni nei mesi chiave per la fioritura e l'allegagione, con effetti strutturali sulla produttività di molte specie, soprattutto fruttifere.

L'Emilia-Romagna, in particolare, è risultata tra le regioni più vulnerabili: ha visto concentrarsi il 13% degli eventi avversi avvenuti in Italia tra il 2015 e il 2024, con perdite significative per pere, pesche e kiwi. La progressiva tropicalizzazione del clima sta favorendo inoltre lo sviluppo di nuovi patogeni e la diffusione di parassiti che trovano nel mutato assetto climatico un habitat favorevole.

A questa fragilità crescente si somma un quadro fitosanitario preoccupante, certificato anche dai dati EPPO (European and Mediterranean Plant Protection Organization), aggiornati a febbraio 2025. Secondo l'analisi comparativa:

  • L'Italia è il Paese europeo con il maggior numero di organismi nocivi rilevati su specie vegetali: 665 casi complessivi, contro 549 in Spagna e 483 in Grecia.
  • I casi di organismi "molto diffusi" sul territorio nazionale sono 74, più che in Spagna (47) e Grecia (37).
  • Gli organismi da quarantena sono 46, a fronte dei 33 spagnoli e 25 greci.
  • Solo l'Italia conta 321 organismi per cui non sono disponibili informazioni dettagliate, evidenziando una lacuna critica nella tracciabilità e nella gestione del rischio fitosanitario.

Questo quadro, aggravato dalla forte riduzione delle molecole fitosanitarie autorizzate a livello UE (circa il 70% in meno in Italia rispetto al 2000), mette a rischio intere colture strategiche per il tessuto produttivo, come pere, nettarina e kiwi. L'eliminazione di principi attivi, spesso senza sostituti efficaci, sta aumentando gli scarti, riducendo le rese e indebolendo la competitività rispetto a Paesi extra-UE dove i vincoli normativi sono meno stringenti.

Sostenibilità: obiettivo strategico
Nel percorso verso una transizione ecologica più concreta, la filiera ortofrutticola italiana si è mossa con decisione, pur tra vincoli normativi stringenti e crescenti difficoltà operative. Le imprese agricole – in particolare quelle organizzate in OP e AOP – hanno adottato in maniera crescente pratiche di produzione integrata e biologica, sostenute anche dai Programmi Operativi (PO) cofinanziati dall'Unione Europea.

Secondo i dati 2023:

  • Il 19% della SAU italiana destinata a colture arboree ortofrutticole è gestita secondo i criteri del Sistema di Qualità Nazionale Produzione Integrata (SQNPI).
  • In Emilia-Romagna la quota sale al 24%, includendo anche la superficie certificata biologica.
  • Le OP italiane hanno attivato 181,4 milioni di euro attraverso i Piani Operativi, con una quota pari al 24% delle risorse dedicate ad azioni di sostenibilità ambientale.

Questi numeri dimostrano come la sostenibilità ambientale sia ormai parte strutturale dei piani di investimento e sviluppo del settore, anche se spesso viene perseguita in condizioni operative sempre più complesse, tra aumento dei costi, scarsità di manodopera e minore disponibilità di principi attivi per la difesa fitosanitaria.