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Le reazioni di alcuni operatori del settore

Dazi: c'è chi non esclude di aprire una filiale in America

Donald Trump ha lanciato ufficialmente la sua grande offensiva commerciale, con l'introduzione di dazi reciproci calcolati a seconda dei Paesi di provenienza delle merci (cfr. FreshPlaza del 2/04/2025).

Queste imposte commerciali punitive volute dal presidente degli Stati Uniti - tra l'altro calcolate partendo dal disavanzo commerciale statunitense nei confronti delle singole nazioni - rischiano di dare un duro colpo all'economia globale, penalizzando non solo buona parte del comparto agroalimentare europeo, sia fresco sia trasformato, ma anche le vendite di macchine e attrezzature agricole.

© Fabrizio Bertoluzzo

Dopo l'annuncio delle tariffe imposte sulle importazioni a una lista di 60 Paesi, con l'Asia che viene punita più dell'unione Europea, non sono tardati ad arrivare i commenti degli operatori italiani.

"Da tempo ormai aspettavamo questa comunicazione ufficiale, preannunciata dal candidato presidente già dal periodo elettorale. Una decisione che si aspettavano anche i nostri clienti esteri. Probabilmente, sarà per tale motivo che in questi primi tre mesi del 2025 abbiamo registrato un incremento delle vendite nel mercato statunitense pari al 50% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Un risultato che, in realtà, ha meravigliato anche noi, sebbene ci aspettassimo una lieve crescita dell'export, ma non così marcata in meno di 90 giorni. Gli Stati Uniti rappresentano per noi il 20% del fatturato, con vendite in California e Washington, e consegne che riguardano in particolare macchine interceppi e cimatrici. Se la nostra quota di export dovesse aumentare ancora o se non si dovesse raggiungere un dialogo con le istituzioni europee, non escludiamo l'idea di aprire una filiale di assemblaggio in uno dei 50 Stati americani". Così spiega Fabrizio Bertoluzzo, titolare della BFM Italy, società che produce macchine agricole.

© Vincenzo Iannuzziello | FreshPlaza.it

Dal canto suo, il presidente di Apeo (Associazione Produttori Esportatori Ortofrutticoli), Giacomo Suglia, spiega: "Nonostante domini l'incertezza, a poche ore dalla comunicazione di Trump non si registra una grande preoccupazione tra gli operatori che esportano frutta fresca. L'ortofrutta che viene venduta negli Stati Uniti rappresenta volumi davvero limitati, che riguardano in particolare articoli come uva, melagrane, kiwi e agrumi. Le piccole e medie imprese italiane maggiormente esposte alle conseguenze dei dazi sarebbero più di 3mila. Negli USA vendiamo prodotti per quasi 65 miliardi di euro. Di questi, 8 miliardi si riferiscono all'agroalimentare".

"Nell'auspicio che si possano aprire dei dialoghi costruttivi o attuare dei piani straordinari, le aziende possono valutare di guardare ad altri Paesi, come quelli situati nel Golfo Persico, in grado tra l'altro di fornire giuste soddisfazioni economiche, oltre a comportare minori rischi logistici. È opportuno precisare, però, che negli ultimi anni si sta registrando un calo di produzione a causa di eventi climatici anomali nel nostro continente; dunque l'offerta ortofrutticola rimane comunque ideale a soddisfare l'Europa stessa, senza necessariamente dover andare altrove".