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Il valore del settore della rucola in Italia e' stimato in 30-40 milioni di euro solo per l'export

La coltivazione di specie da foglia da taglio (quarta gamma) in Italia si sta diffondendo con sempre maggiore interesse, sostenuta da una domanda crescente di prodotti convenience da parte dei consumatori. I principali areali di produzione in coltura protetta sono la Piana del Sele (provincia di Salerno), seguita dalla Lombardia (in particolare la provincia di Bergamo) e dal Veneto.

Secondo gli ultimi dati disponibili a livello nazionale (anno 2005), elaborati da Veneto Agricoltura e Università di Padova, dei poco meno di 3.000 ettari destinati alla produzione di ortaggi da foglia da taglio (in larga parte in coltura protetta), la quota maggiore spettava alla rucola selvatica con il 50% della superficie investita a livello nazionale seguita da lattughino (26%), valerianella (11%) e, in quote minori, dai prodotti come spinacio o bietola che entrano nella composizione delle insalate solo in minima percentuale.



Nel Veneto, in cui si stimava nel 2005 una superficie totale destinata alle specie da taglio di 400 ettari, per la quasi totalità in coltura protetta, la produzione di rucola selvatica era valutata in 120 ha; in Lombardia in 60 ettari e in Friuli–Venezia Giulia in 36 ettari.

In Campania, maggior polo produttivo nazionale, il settore interessava circa 1.800 ettari di serra, principalmente coltivati a rucola selvatica (1.120 ha). Solo 5 gli ettari destinati a rucola coltivata.

In Puglia erano segnalati 50 ettari di rucola selvatica, in larga parte (40 ha) coltivati in pieno campo e destinati principalmente al mercato di prima gamma, mentre in Basilicata erano circa 7 gli ettari di rucola selvatica coltivata in serra, segno dell’interesse di alcune aziende nei confronti di tali prodotti.

Attualmente, si parla di oltre 3.600 ettari destinati a rucola in coltura protetta a livello nazionale, di cui 2.300 ettari in provincia di Salerno, dati certamente sottostimati in quanto non sono considerate le numerose superfici piuttosto modeste distribuite in più regioni.

Oltre a ciò, va considerato che la rapidità dei cicli colturali consente, mediamente, di realizzare dai 4 ai 6 cicli annuali includendo anche le specie per le quali sono previsti più tagli. Di conseguenza, le superfici dovranno essere moltiplicate per quattro o cinque volte, almeno per meglio stimare le reali potenzialità produttive del comparto.

La produzione dell’ortaggio (foglie) può raggiungere i 10-15.000 kg/ha di Eruca e 10.000 kg/ha di Diplotaxis.

Per quel che riguarda l'utilizzo fresco e di quarta gamma, a differenza dei lattughini che oramai trovano impiego solo nelle "buste", la rucola ha un buon mercato anche nella prima gamma, magari coltivata a mazzetti, sia sfusa che in busta.



Nell'ambito dei mercati esteri, la domanda arriva da Germania e Regno Unito, i paesi più esigenti in termini di qualità e controlli. Altri areali in cui si sta sviluppando l’interesse per questa specie sono Medio Oriente, Sudafrica, Americhe e, indirettamente, i paesi dell'Est Europa, dove produttori nazionali esportano tramite il mercato fresco. Altro nuovo mercato al quale si sta iniziando a far conoscere la rucola è il Giappone, paese sempre attratto dalle novità e dai gusti "made in Italy".

Il valore di mercato della materia prima destinata alla quarta gamma è stimato intorno ai 30-40 milioni di euro solo per l'esportazione, cui va aggiunto il valore della quarta gamma interna.

La ricerca
Per quel che riguarda il miglioramento genetico, la rucola è una specie in cui si è lavorato molto poco negli ultimi anni, in quanto il seme è un prodotto di facile moltiplicazione ed è spesso riprodotto da varietà commerciali senza alcuna ricerca di base; per queste stesse motivazioni anche le ditte hanno investito poco nella ricerca e sviluppo di baby leaf in generale, e della rucola in particolare.

Le grandi industrie di quarta gamma, inoltre, investono ingenti capitali in impianti e attrezzature, ma riconoscono poco valore alla materia che potrebbe fare la differenza: il seme. Un seme di buona qualità e di ottima germinazione, infatti, può fare risparmiare fino al 50% delle quantità usate solitamente in un impianto, permettendo un'ottima densità e una crescita omogenea.

In generale, la ricerca sulla rucola sta mirando alla costituzione di varietà con bassa predisposizione alla salita a seme, basso assorbimento dei nitrati, maggiore uniformità di crescita, resistenza alla fusariosi, ecc. Prossimo obiettivo saranno le varietà resistenti alla Bremia, problema molto sentito dai produttori soprattutto nei periodi di produzioni primaverili e autunnali e quando il tasso di umidità è molto elevato.

Il seme
Il mercato nazionale è di circa 30.000 kg, più 20 milioni di pillola multiseme usati per i trapianti in pieno inverno. In pratica, invece di fare la semina diretta si fa il trapianto di una zolletta che contiene da 25 a 40 semi di rucola. Questo fa sì che, in condizioni difficili, la raccolta venga anticipata con un mazzetto più facile da raccogliere. Per la densità, si usano 4-5 kg per ettaro e in media 3 semine all’anno.


Indagini conoscitive superfici coltivate per sementi da orto in Italia (Fonte Assosementi, campagna 2010). A settembre Assosementi diffonderà i dati aggiornati al 2012.

Parlando di seme, mediamente le produzioni possono raggiungere i 1.500 kg/ha per Eruca e i 500 kg/ha per Diplotaxis. Il valore del mercato del seme, considerando che ci sono prezzi diversi, è di circa 1.200.000 euro.

Si ringraziano per la collaborazione alla stesura dell'articolo: Pietro Santamaria (Dipartimento di scienze agro-ambientali e territoriali dell'Università degli Studi di Bari), Andrea Ghedina (T&T Vegetable Seeds), Marcello Fioravanti e Alberto Veronesi (Enza Zaden), Alberto Lipparini (Assosementi).