"La campagna agrumaria 2023/24 si avvia alla conclusione, lasciando dietro di sé un bilancio complessivamente negativo, soprattutto per i produttori di arance rosse. Nel merito, questa stagione è stata segnata dalla presenza di una quantità considerevole di prodotto non idoneo alla commercializzazione, in quanto caratterizzato da una pezzatura estremamente ridotta". Così riferisce Salvatore Imbesi, manager della Ortogel, noto marchio siciliano specializzato nella trasformazione di agrumi, melograno e frutta estiva.
"Le arance di piccola pezzatura hanno rappresentato una sfida notevole, per gli agricoltori. La maggior parte del raccolto, infatti, non ha raggiunto le dimensioni adeguate per essere venduto nei mercati, comportando gravi conseguenze economiche. I commercianti, infatti, hanno rifiutato di acquistare lotti in cui oltre il 50% delle arance erano di piccole dimensioni. Più frequente il caso in cui hanno offerto prezzi talmente bassi da non permettere agli agricoltori di coprire i costi di produzione".
"In un contesto così critico, è emerso un fattore positivo che ha riguardato l'industria di trasformazione, la quale si è rivelata fondamentale in ogni fase della campagna. L'industria ha ritirato agrumi a un prezzo medio di 0,30 €/kg, quotazione che ha rappresentato per gli agricoltori una sorta di boccata di ossigeno. Senza questo intervento, una quantità ancora maggiore di prodotto, rispetto a quella rimasta sugli alberi, sarebbe rimasta invenduta, aggravando ulteriormente la situazione finanziaria dei produttori".
I succhi ottenuti dall'industria sono stati di buona qualità: nello specifico, il prodotto di piccola pezzatura ha influenzato alcune caratteristiche tipiche dell'agrume di media pezzatura. In particolare, durante alcuni periodi della stagione il residuo di olio essenziale nei succhi è risultato superiore rispetto alla media, così come il contenuto di antociani è risultato più alto.
All'inizio della stagione, la domanda di arance rosse era considerevole, ma si è affievolita nel corso dei mesi. Questo calo ha consentito alle aziende di rimpinguare le scorte di magazzino, andate esaurite nelle campagne precedenti, considerato che le stagioni 2021/22 e 2022/23 sono state annate di magra per la produzione di agrumi.
"Sebbene l'industria abbia volumi congrui da vendere, tali da garantire continuità nelle forniture, a risentirne è il prezzo elevato con cui attualmente tali volumi vengono quotati. Tale situazione è stata determinata proprio dal prezzo di acquisto elevato della materia prima. Ciò rappresenta - entrando nel merito delle congiunture internazionali determinate dal maggori paesi produttori di succo - un rischio significativo per l'industria di trasformazione. Infatti, se il prezzo del succo brasiliano, attualmente stabile, dovesse scendere, l'industria potrebbe essere costretta a svalutare i propri prodotti, con gravi ripercussioni economiche".
"Contrariamente alle arance rosse, la campagna dei limoni è stata particolarmente difficile. La competizione con il succo di limone proveniente dall'Argentina, di qualità inferiore e che arriva sui mercati a prezzi stracciati, ha messo in seria difficoltà l'industria italiana. Gli agricoltori italiani hanno dovuto adeguarsi ai prezzi del succo argentino, con margini di profitto ridotti e una forte pressione sulla sostenibilità economica delle loro attività. La campagna agrumaria 2023/24 si chiude pertanto con un bilancio misto. In sintesi, mentre l'intervento dell'industria di trasformazione ha sostenuto i produttori di arance rosse, la concorrenza del succo di limone argentino ha reso difficile la stagione dei limoni, al punto che ricorderemo la campagna ancora in corso come l'annus horribilis per il limone siciliano".
"Guardando al futuro - coclude Salvatore Imbesi - rimane cruciale la mancanza di una normativa chiara sulla provenienza dei succhi, che potrebbe rappresentare il prossimo passo decisivo per il settore. Una regolamentazione chiara in questo senso permetterebbe di valorizzare i succhi italiani, garantendo un prezzo di riferimento proprio per il mercato italiano. Questo potrebbe aiutare i produttori a competere in modo efficace sul mercato globale, differenziando i prodotti di alta qualità coltivati in modo sostenibile da quelli esteri a basso costo. È auspicabile dunque che il governo italiano intervenga per introdurre una normativa che obblighi a indicare la provenienza dei succhi, permettendo così ai consumatori di fare scelte informate e ai produttori italiani di ottenere un giusto riconoscimento per la qualità dei loro prodotti".
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